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"Signor Presidente, onorevoli colleghi, nella crisi c'è una parte di imprese – le cooperative – che ha dimostrato di resistere di più e meglio delle altre, di essere capace di tenere duro, difendere l'occupazione – anzi di crescere nella crisi – anche in ragione del valore che si dà al lavoro e grazie al legame con il tessuto sociale e la comunità del territorio.
Le cooperative sono imprese che non perseguono prioritariamente il profitto, ma vogliono promuovere con una gestione economica equilibrata il lavoro, il welfare, i consumi e contribuire allo sviluppo locale anche con buoni progetti imprenditoriali come nel campo energetico. Tutto ciò è così vero che si è inaugurato il termine "resilienza" per dimostrare questa resistenza che oggi molti studi certificano. Resilienza più forte, voglia e determinazione di stare in piedi, capacità di difendere la propria attività e di generare occupazione.
La nostra relazione di iniziativa vuole mettere in luce un fenomeno particolare in questo mondo, cioè il ruolo delle cooperative di fronte alle crisi produttive e alle ristrutturazioni aziendali. Quando un'impresa sta fallendo e vuole chiudere i battenti, ecco che si possono fare diverse trasformazioni: possono esserci processi di
ma ci possono essere anche forme di
lavoratori che si mettono insieme, si fanno cooperativa, per continuare l'attività. Noi dobbiamo lasciare aperte tutte queste possibilità. L'Europa deve sostenerle, anche con appositi strumenti, perché c'è un ruolo attivo delle cooperative nelle ristrutturazioni per salvare le imprese dalla crisi.
Ci siamo dati una strategia di reindustrializzazione e di crescita di nuove imprese; dunque il primo passo è difendere le imprese che ci sono e accompagnarle nella crisi. Il modello cooperativo, con la sua dinamicità, la capacità di adattarsi al cambiamento, per flessibilità e sostegno delle reti locali è quantomai interessante per l'economia europea. È naturalmente la visione di economia sociale e di mercato che l'Europa rivendica come modello, ma per il quale non fa abbastanza. È una sfida di cultura economica, perché queste imprese sono una leva potente di sviluppo e possono essere molto competitive.
Se l'Europa facesse di più in questo campo rafforzerebbe il proprio patrimonio economico e produttivo, perché è un grave errore relegare questo settore – anche se è solo una parte dell'economia continentale – nella marginalità o nella debolezza. C'è anzi uno studio – come segnala Scalvini che è un leader del settore – del Dipartimento del tesoro americano che evidenzia come, per Fannie Mae e Freddie Mac, una struttura cooperativa avrebbe evitato i disastri finanziari dai quali poi è partita la crisi globale. Interessante, io credo, come lezione per la nostra visione di economia e di finanza.
In sintesi la relazione che si rifà alla risoluzione che votammo in questo Parlamento alla fine della precedente legislatura, proprio sulle imprese dell'economia sociale e di mercato, segnala le buone pratiche già esistenti in molti Stati membri dell'Unione – di casi di cooperative che hanno salvato imprese dal fallimento – e chiede che l'Europa faccia di più, la Commissione faccia di più e in maniera più calibrata.
Si chiede un rafforzamento degli uffici della Commissione – da dedicare a ciò, specificatamente – si chiede che si valorizzi il settore, lo si faccia partecipe del dialogo sociale e che in futuro si prevedano – passando dai progetti pilota – anche linee di bilancio dedicate al sostegno a queste pratiche di ristrutturazioni.
Penso che l'Europa debba avere più coraggio nell'indicare nuovi modi di fare economia e impresa, per valorizzare il suo capitale civile anche sul piano economico perché qui ci sono rilevanti vantaggi economici e si esce un po' da quella logica di assistenzialismo nella quale spesso il settore, ingiustamente, è relegato. Si deve fare di più per dare concretezza nel mettere in campo strumenti e misure concrete e adeguate."@it2
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