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"Signor Presidente, onorevoli colleghi, Signor Commissario, credo che sia molto importante che in questa giornata mondiale delle donne abbiamo dedicato una relazione che si concentra in particolare sui paesi di Tunisia, Egitto, Libia e Marocco, in cui noi donne e uomini deputati al Parlamento europeo vogliamo esprimere con forza la nostra solidarietà e il nostro sostegno politico alle donne del Nord Africa che si sono battute e si battono per la democrazia e la libertà dei loro paesi, attraversati due anni fa dal vento impetuoso della Primavera araba, che le ha viste protagoniste nelle piazze, nei media, nelle associazioni e ora, in modo diverso e anche controverso ma tenace, nei luoghi dove si decidono le nuove Costituzioni, le leggi, il futuro. Né possiamo tacere di fronte ai crimini perpetrati dal regime siriano.
Le abbiamo incontrate, le abbiamo ascoltate: donne di provenienze e generazioni diverse. Ci hanno spiegato che battersi per la democrazia e per i loro diritti nelle nuove Costituzioni è per loro la stessa cosa, che liberando le donne vogliono liberare i loro paesi dalle precedenti dittature, ma anche da quelle correnti fondamentaliste, che vorrebbero riportarle indietro a una sudditanza culturale e psicologica. Ci hanno denunciato l'uso dell'arma impropria della violenza sessuale e della tortura contro le manifestanti, o le mutilazioni genitali, o la repressione di minoranze religiose e politiche, tra cui le copte, come in Egitto, la tratta degli esseri umani come in Libia, il mancato riconoscimento dei diritti umani e politici, come per le saharawi da parte del Marocco, la tentazione in Egitto di mettere la sharia nella costituzione a fondamento delle leggi dello Stato. Ci hanno anche spiegato, però, la battaglia vincente delle donne in Tunisia per la nuova bozza della Costituzione, che recepisce parità di diritti, nonché la crescente presenza di donne tra studenti universitari, giornalisti, ONG, sindacati e partiti nei diversi paesi.
È interessante a questo proposito anche il dibattito aperto, non solo fra donne e partiti secolari e religiosi, ma anche all'interno di questi ultimi, sul principio dell'autonomia dello Stato dal potere religioso.
Le donne di questi quattro paesi sono preoccupate per la crisi economica e sociale che acuisce le tensioni politiche, ma considerano irreversibile per le donne il processo iniziato. Sanno che la transizione sarà lunga e sarà segnata da conflitti e da rischi, in primis quello della polarizzazione politica e del fondamentalismo. Oggi sappiamo che in Egitto la sfida è sulla Costituzione dopo il referendum imposto da Morsi e il rinvio delle elezioni; in Tunisia il presidente Marzouki sta tentando di insediare un nuovo governo tecnico dopo gli attentati degli ultimi mesi e a una donna ha chiesto di assumere il ruolo di ministro dei Diritti umani; in Libia non si trova un accordo sulla Costituzione e si propone di eleggere una consulta; in Marocco persiste un forte accentramento dei poteri da parte del Re accanto alla riforma della Costituzione.
Ma sappiamo che senza l'attiva partecipazione delle donne e il loro coinvolgimento nella costruzione dal basso delle istituzioni e dei loro diritti come parte integrante e inalienabile dei diritti umani, non ci sarà né democrazia, né sviluppo effettivo e durevole. Per questo, le donne di questi paesi sono state e sono impegnate in questo momento nella riscrittura della Costituzione e delle nuove leggi, a partire da quella elettorale. Grazie alle quote nelle leggi elettorali, in Tunisia le parlamentari sono il 27% e in Libia il 17% – è la prima volta che sin svolgono sono elezioni libere in questo paese e che sono elette donne nel Congresso libico –, in Marocco sono il 16%, in Egitto appena il 2%, perché messe in fondo alle liste. Ovunque il risveglio delle donne è forte, e chiede all'Unione europea sostegno e continuità di attenzione.
Chiedo che l'Unione europea metta al centro della sua nuova strategia di partenariato euromediterraneo e degli accordi bilaterali con questi paesi il rispetto dei diritti umani delle donne, il principio del "
", la parità di genere e la partecipazione attiva delle donne ai tavoli dei negoziali e ai processi bilaterali regionali. Chiediamo alla Commissione e all'alto rappresentante che i programmi e le azioni a favore delle donne si basino sul livello istituzionale, sociale e delle collettività regionali e locali, a partire, in particolare, dalle zone rurali, periferie urbane, anche attraverso la microfinananza, sostenendo le grandi energie delle donne nelle imprese, nelle reti di università e anche nei media.
La relazione illustra in modo molto chiaro le richieste che si fanno all'Unione europea: ultima cosa, chiedo anche all'Unione per il Mediterraneo di dedicare una sessione annuale alla situazione delle donne nella regione nell'ambito della sua assemblea parlamentare.
Ringrazio i relatori ombra e il presidente della commissione FEMM e le colleghe e i colleghi della commissione DEVE."@it2
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